Fluxus Generation
L’accostamento di due parole…
Fluxus, in latino significa flusso, movimento
Generation, in inglese significa generazione
La generazione flusso unisce il passato e il presente in un unico grande flusso.
Per flusso non si intende semplicemente un flusso di persone, ma più precisamente
si fa riferimento a un flusso di energia.
Fluxus Generation è un mondo, un continuo inarrestabile flusso di idee che
circolano liberamente.
Oggi giorno assistiamo ad immagini che testimoniano l’arrivo nel nostro Paese di un massiccio flusso di immigrati. Tra le cause principali di questa emigrazione troviamo la guerra e soprattutto la povertà.
Vengono identificati come extracomunitari tutti coloro che provengono da Paesi economicamente arretrati, che non fanno parte dell’Unione Europea.
Purtroppo questo continuo flusso di persone viene visto e vissuto dalla popolazione ospitante come una vera e propria invasione. Non mancano le strumentalizzazioni politiche, il populismo che sfrutta il malcontento delle classi sociali disagiate, alimentando l’evenienza di una guerra tra poveri.
Storicamente l’Italia è un paese di emigranti, solo negli ultimi decenni è diventata anche un Paese di immigrati. Parole come la «Grande emigrazione» e «Johnson act» sono state rimosse dalla nostra memoria, forse volutamente ma è dalla memoria che un Paese attinge le sue risorse per il progresso. Certamente abbiamo esportato tante brave persone, i nostri nonni, grandi lavoratori e portavoce di onestà e integrità morale. Ma siamo anche stati gli inventori della mafia, un prodotto che abbiamo esportato in tutto il mondo e che ancora oggi, sebbene in modo persino simpatico ci etichetta come italiani/mafia, tuttavia nei primi del novecento, con molta meno simpatia ci definivano «dago negri» ovvero, accoltellatori negri. Per non dimenticare gli anarchici: Mario Buda, anarchico romagnolo, fece saltare Wall Street con un carretto carico di dinamite, ben ottanta anni prima di Osama Bin Laden. Persino la migrazione interna è stata vissuta come un’invasione da reprimere, si diceva che i meridionali portavano via il lavoro ai settentrionali e portavano delinquenza e sporcizia. Forse è bene ricordare che fu l’arrivo dei piemontesi nel meridione per il compimento dell’Unità d’Italia ad essere visto dai meridionali come un’invasione. E forse se Cavour non fosse scomparso prematuramente avrebbe dato fondamento alla famosa frase «Abbiamo fatto l’Italia ora dobbiamo fare gli italiani» invece fu mandato Nino Bixio a commettere una strage. Oggi siamo di fronte ad un fenomeno che per varie ragioni sta diventando sempre più insostenibile. Occorrono una soluzione politica e un accordo internazionale che consentano un maggiore equilibro nel gestire il flusso migratorio.
Anche noi intendiamo fare qualcosa, e possiamo farlo nel nostro piccolo, attraverso il teatro che genera incontro e confronto, che genera conoscenza e quindi possibilità di scambio umano e culturale. Il teatro non può certo risolvere un problema così grande e complesso ma può sicuramente combattere la paura e può favorire l’interazione, termine quest’ultimo da preferirsi a quello di integrazione, il cui modello, sociologicamente parlando, ha già fallito.
Da questa considerazione nasce la nostra idea: un incontro tra culture, uno scambio di storie, un flusso di persone che anziché paura trasmettono idee.
La collaborazione
- Dall’incontro con il Nuovo Teatro Sanità di Napoli, nell’ambito della rassegna Pigmenti, nasce la volontà di creare un percorso comune. Noi del Teatro Valmisa insieme a Mario Gelardi, già sensibile ai temi sociali insieme a Roberto Saviano, abbiamo pensato di unire i ragazzi del Rione Sanità di Napoli con i ragazzi della casa famiglia Agorà di Corinaldo.
- Si tratta di due realtà molto particolari che hanno forti punti di contatto: il disagio sociale, il difficile rapporto con le istituzioni, la difficoltà di interagire con il resto della società… entrambi sembrano mondi apparentemente relegati nell’ambito dei propri confini territoriali, come se fossero dei microcosmi indipendenti e chiusi, quando invece c’è una forte spinta verso l’esterno, verso la socializzazione, verso la condivisione della vita.
- Entrambi questi mondi hanno una grande fame di curiosità: preludio alla conoscenza.
Le storie
- Durante un percorso laboratoriale, raccoglieremo storie e testimonianze, un insieme di racconti, la memoria della gente. Tutto questo materiale verrà elaborato in forma di azioni teatrali.
- Le tematiche sono molteplici e di varia natura, ma tutte riguardano le dinamiche umane…
- Cosa significa abbandonare la propria casa, il proprio Paese?
- Cosa si prova nel sentirsi abbandonati?
- Cosa vuol dire raccontare e raccontarsi?
- Che valore ha scambiare esperienze culturali?
- Cosa significa accogliere altre persone?
- Come si può generare incontro e confronto?
Sono solo alcune delle domande che riguardano il nostro percorso, perché il teatro non è fatto di risposte ma di domande. Sarà la gente, «il pubblico» a dare risposte.
L’azione
- L’azione teatrale si svolgerà a Corinaldo.
- Non dobbiamo pensare ad uno spettacolo, non sarà uno spettacolo.
- Saranno delle «Invasioni teatrali»
- L’azione teatrale non si svolgerà in un luogo o in luoghi deputati, non avverrà
all’interno di un teatro o di una struttura polivalente. Gli attori si muoveranno
liberamente per le vie del centro storico, incontreranno casualmente persone e
accadrà improvvisamente qualcosa. - Gli attori, come per magia, regaleranno una suggestione, un canto, una danza, una
storia… la gente che in quel momento si troverà di fronte a questo incontro sarà
partecipe e testimone di un libero scambio culturale.
Un vero viaggio non è conquistare nuove terre ma avere nuovi occhi
Marcel Proust
Il teatro è cultura, è comunicazione, è incontro, il teatro genera confronto. Grazie al teatro è possibile condividere esperienze, idee, emozioni. Il teatro non cambia la società, permette che il singolo individuo cambi sé stesso. La società cambia se noi cambiamo. L’esperienza di Fluxus Generation ha cambiato lo sguardo di alcuni ragazzi ospitati nella Casa Famiglia Agorà di Corinaldo. Un mese di laboratorio teatrale, tre ore di lavoro quotidiano, 13 ragazzi diversi per età, etnia e condizione sociale, alcuni sono appena arrivati in Italia altri sono lì già da un po’, altri sono al termine del loro percorso in comunità.
Non avevano mai partecipato ad un corso di teatro, all’inizio pensavano addirittura che il teatro fosse inutile e che li rendesse oltretutto ridicoli. Si alzavano con malavoglia dai loro letti e arrivavano in sala prove con lo sguardo spento, apatico, rassegnato all’indifferenza della vita. Ma quello sguardo cambiava ogni giorno di più, diventava più vigile, più attento, più interessato. E poi alla fine, quello sguardo aveva persino assunto i tratti di un sorriso permanente. Qualcosa era cambiato dentro di loro, qualcosa che ora traspariva dallo sguardo.
Inizia così il loro viaggio, con questo cambiamento, un viaggio che li porterà a confrontarsi anche con quello che del teatro non avevano messo in conto: le ore di prova… ancora più faticoso se è il periodo del Ramadan e poi c’è lo spauracchio dello spettacolo… altri dubbi, l’emozione e la curiosità dell’arrivo dei ragazzi del nuovo Teatro
Sanità di Napoli, guidati da Mario Gelardi. Cinque giorni di lavoro insieme e il mix lievita.
Prima prova in giardino all’aperto, il paese sbircia… Seconda prova per il Sindaco, presso il chiosco del paese e i passanti diventano il pubblico ideale, un pubblico che sorride e che si commuove. Per la prima volta si crea un legame umano tra gli abitanti del luogo e i ragazzi della Comunità.
Domenica, l’ultimo giorno di spettacolo, i ragazzi invadono la città felici e al momento degli abbracci e dei saluti… Kledi, che aveva mostrato maggiore reticenza rispetto agli altri, ci chiede: “Quando facciamo ancora teatro?”